Ci scrive E. a proposito di ‘Mi piacerebbe’
‘I contorni delle cose sono estremamente sfumati e tutto odora di vino e frutta. Attorno a me c’è un unico movimento di mille anime, che probabilmente sono solo un centinaio – un unico movimento sussultorio/ ondulatorio che segue la musica, sparata da chissà quali casse posizionate chissà dove.
La sinistra tiene più o meno saldamente il bicchiere di plastica, ondeggia anche lui con le sue zigrinature rotondeggianti che forse servono proprio a non farlo scivolare, e ogni tanto si accosta alle mie labbra che paiono non saziarsi mai di questo vinofruttaealtraroba preso da una gigantesca vasca trasparente con tanto di mestolo.
La destra sfiora con tutti i polpastrelli il cotone della tua camicia; è ancora fresco in tutto questo casino, e le mie dita -che poi si aggrappano al tessuto quasi a sorreggere l’intero corpo- vorrebbero avere anche loro l’olfatto.
Balliamo e gracchiamo canzoni tutti insieme, ancora. Ci scattiamo foto, che oggi celo accuratamente in una cartella di questo pc, e poi riprendiamo a gracchiare.
Mi piacerebbe veramente fare a pugni col primo che passa e mi fissa senza una ragione
Io e L. cantiamo insieme, i capelli mi fanno caldo e lui ha la camicia di lino semi sbottonata.
Come se niente fosse, come se non contasse.
Oggi lui probabilmente fa qualcosa di molto importante non so dove, io sono esattamente dove mi ha lasciata, circa 5 kg in più, molti Perturbazione in meno.
E l’unica cosa che mi chiedo è se anche lui ha la stessa identica visione ogni volta che parte questa canzone.’
Ci scrive I. a proposito di ‘Del nostro tempo rubato’
Ho 28 anni, ho scoperto di avere la sclerosi multipla quando ne avevo 22. è una malattia strana, subdola e molto spesso invisibile, e non tutti sanno che colpisce prevalentemente le persone giovani, nel pieno della vita e dei progetti per il futuro.
C’è una cosa a cui nessuno pensa quando si ha a che fare con una malattia cronica e invalidante: al tempo che ti viene rubato.
Il tempo che ci metti a fare anche le cose più semplici, a salire le scale o anche solo fare trecento metri in piano quando la malattia decide di rompere le scatole. Perché a volte la fatica ti imprigiona e ci metti il doppio a fare le cose, mentre la tua resistenza fisica dura la metà.
Il tempo che non passa mai quando sei nel tubo della risonanza magnetica, in attesa al reparto neurologia dell’ospedale, in fila all’ASL o all’INPS per sbrigare mille pratiche burocratiche. Il tempo rubato dai numerosi controlli che devi fare da altrettanto numerosi specialisti diversi, il tempo in attesa per ritirare i tuoi farmaci a esclusiva distribuzione ospedaliera. Il tempo delle flebo di terapia, goccia a goccia, incatenati alla poltrona o al letto d’ospedale. Il tempo che passi a letto, quando proprio non riesci ad alzarti, in preda al dolore, agli spasmi muscolari, o alla disperazione, all’apatia e alle lacrime.
So che parla d’altro, ma quando ascolto questa canzone, penso al mio tempo rubato dalla sclerosi multipla, e al sintomo della fatica, che invece mi fa imbestialire, tanto. Il tempo rubato allo studio, alla spensieratezza, alla mia giovinezza. Tempo che nessuno mi darà più indietro, tempo di cui “sarebbe bello ridere“, ma in certi giorni è terribilmente difficile.
Nel tempo che resta, però, la felicità diventa più facile, gli altri problemi più piccoli, l’amore più grande e forte.
Per saperne di più sulla sclerosi multipla: www.aism.it
Ci scrive D.
‘Volevo ringraziarVI. Per tutto. Ho iniziato con un cd masterizzato di “In circolo”, fotocopiato in bianco e nero, me lo aveva dato D., il mio primo bacio, una ragazza di Borgaro Torinese.
Ricordo concerti unici, con voi: il primo, un ‘Concerto per disegnatore ed orchestra’, in una cooperativa di Gallarate (il melo? il melograno? qualcosa del genere).
(il melo n.d.r.)
Ricordo un concerto al Transilvania di Milano, dovevo intervistarvi per non so che fanzine, ricordo che mi presentai da Gigi e Stefano, i due malcapitati, con una lista di 20 domande, manco fosse un libro. E prima di voi i Marcilo Agro, che ci fecero ascoltare le loro prove.
E poi un concerto stupendo durante il Milano Film Festival, ‘Le città invisibili’ (‘Le città viste dal basso’ n.d.r.) al Parco Sempione.
E l’ultimo che ho visto, al Circolo Ohibo’, sotto un palazzo in cui ho vissuto 5 anni della mia vita (circolo che purtroppo ha chiuso i battenti a causa della crisi n.d.r.).
Sono di parte, ma avete una capacità unica di scavare nell’animo umano, nei sentimenti, nell’amore, nella malinconia, nella tristezza. Siete tipo dei massaggiatori del cuore. Sapete che aspetti cogliere, che millimetro toccare, per far uscire fuori tutto.
Vi scrivo che sono al decimo ascolto di “Le nostre canzoni”, e gli occhi sono ancora lucidi..
L’ultima cosa: quando mettete il violoncello, siete di un altro livello… aggiungete una dimensione ulteriore a quel che volete esprimere.
Spero di vedervi presto.
un abbraccio’
Ci scrive P. da Genova.
‘…Genova…milk club inverno 2005(credo). Il club delle solite notti. PERTURBAZIONE in concerto… chi sono? Entro… non entro..? La mia ragazza del tempo vuole entrare..io no. Alla fine le donne vincono ..ed entro. E lì…la magia.. Tommaso entra.. ‘ogni giorno che passo per quel tratto di strada….’. Ricordo la sensazione.. come innamorarsi a prima vista…i brividi mentre tenevo lo screw driver annacquato in mano.. quella stanzetta con i muri scrostati che diventa la royal albert hall.. una sensazione che non saprei spiegare meglio. Torno a casa…mando una mail ..cercando di spiegarvi quello che mi è successo. Passo un giorno e mi rispondete.. ringraziando..e pregandomi di passare a salutare il prossimo concerto. In estate.. al goaboa..eccomi sotto il il palco..timido col mio cd in mano… Gigi mi saluta…e mi prega di aspettare solo 1 minuto.. Tommaso arriva e mi porta dietro il palco…litigando con la sicurezza..(è con me lui!!!) ” a conoscere tutti. E poi i viaggi per vedervi… Torino… Milano… Alessandria… Livorno… Asti, decine di concerti in Liguria… sempre disponibili…ad ascoltare i nostri discorsi da sbronzi a fine serata.’
Ci scrive D. a proposito di un concerto (quasi) annullato
“Quali sono le regole del concerto perfetto?
‘Quello dove tutto funziona perfettamente’. Ecco, detta così sembra facile.
Nell’attesa di trovare la soluzione definitiva, ricordo con certezza un concerto del cuore che ha come ingredienti Modena, un temporale e un tendone. Protagonisti naturalmente voi cari amici Perturbati.
Avevo molte aspettative sulla vostra data modenese del Settembre 2014: sarebbe stato il primo live in terra emiliana dopo Sanremo. Una bella occasione per rivedervi in azione dal vivo; e, lo ammetto, per capire se foste rimasti gli stessi ‘puri’ d’animo oppure se il Festival vi avesse cambiati (e gasati) in qualche modo.
“Se siete venuti fin qua, noi veniamo fin là”.
È bastato il post sulla vostra pagina Facebook per salvare un live che sembrava compromesso dalle cattive condizioni meteo.
Non è possibile suonare all’aperto sul palco perchè non asciutto? Beh, allora i Perturbazione fanno un live semiacustico improvvisato sotto ad un tendone.
Scaletta originale saltata, canzoni decise al momento. Niente amplificazioni, casse o microfoni; e a onor del vero neanche batteria e basso, tant’è che ho atteso altri tre anni prima di risentire suonare Rossano e Alex!
Eravamo tutti seduti per terra, raccolti attorno a voi. Un’atmosfera intima, raccolta, da racconti davanti al fuoco.
Mi è rimasta impressa la dolcezza malinconica di Portami via di qui, sto male e il ritmo giocoso de il Senso della Vite. Tomi in versione direttore d’orchestra ha fatto cantare il ritornello ‘provaci tu’ una volta al parterre femminile, una a quello maschile e infine a tutti quanti in coro.
Il concerto perfetto quindi? Per fortuna no. Perchè è stato molto di più: avete dato a me e a tutti i presenti voi stessi; il vostro desiderio di non deluderci, il vostro essere artisti fino in fondo e a qualsiasi condizione. Un concerto del cuore.”
Ci scrive R. a proposito di ‘Per te che non ho conoscoiuto’
Ciao,
Di canzoni storie, ricordi legati a voi, ne ho tanti.
La vostra canzone che più si lega alla mia vita è “Per te che non ho mai conosciuto”
Perché 25 anni fa una persona che non ho mai conosciuto ha perso il controllo della sua auto, perdendo la sua vita, portandomi via i miei genitori, ma facendomi scoprire il gusto per la vita.
Mi sono svegliato dopo due giorni di coma, mi sono ripreso dopo una lunga convalescenza e poi sono tornato alla vita.
E’ passato tanto tempo da quell’incidente e questa canzone sintetizza quello che sento. Una parte di me rimane ferma lì. Ogni volta che la mia mente passa da quel tratto di strada in cui uno sconosciuto ha perso il controllo, succedono tante cose dentro di me, ma l’immagine successiva della canzone “Senti com’è tiepido il tramonto, senti come l’aria ti accarezza…” dà l’idea di quante cose belle ci sono nella vita e bisogna tornare a vivere e sorridere…
Poi ricordo con grande gioia il momento in cui vi ho conosciuto.
Era al ToraTora di Nizza Monferrato. Dopo la prima serata di concerto avevamo dormito 3 ore. Poi siamo andati a pranzo in un ristorante tipico piemontesw, consigliato slow-food. A tavola per 3 ore, mangiata epica su tutti i livelli.
Arriviamo al Campo Sportivo dove si teneva il concerto e ci accasciamo. Stanchezza, digestione impegnativa. Non ce la facciamo proprio… Tanto la serata è lunga ed i gruppi del pomeriggio non lii conosciamo….
Ma sul palco sentiamo un Violoncello che svita ed avvita in tutti i sensi, poi parte un arpeggio di chitarra che introduce al mese più freddo dell’anno. Dico ai miei compagni di concerto “Oh! Ma questi sono bravi! Come si chiamano?”
“Perturbazione!” Da lì è cominciato l’amore
L’elenco sarebbe lungo, ma direi che può bastare per farvi capire quanto vi voglio bene.’
Ci scrive V. a proposito di ‘Arrivederci addio’
A volte serve la pioggia per cominciare a rivedere il sole. A volte serve un viaggio per sentirsi di nuovo a casa. Sentire un arrivederci e pensare addio, perché c’è sempre qualcosa che finisce prima dell’angolo del nuovo inizio, anche se scorgerlo è doloroso. Come una casa vuota nonostante sia piena di oggetti che sarà una complicata avventura buttare.
No, non sono così divertenti i nuovi inizi, all’inizio.
Ma quanto è dannatamente vero che “ogni fondo in fondo è una rincorsa per chi ha fiato ancora da buttare?”
Piove tantissimo, il viaggio è stato lungo e il concerto non lo sarà ma la “mia” canzone l’hanno fatta. Non è bellissimo? Non è comunque un grande regalo? Ci sta un brindisi con lo Spritz più buono che abbia mai bevuto, con intorno a me anime fradice che brillano, non poteva essere che così.
Riprendo fiato. Lentamente. Mi concentro. E ricomincio. Forse da zero, forse no. Ma ricomincio, e va bene così.
V.